di Andrea Serafino, Università del Piemonte Orientale

Il sistema giuridico vietnamita è il prodotto di diverse influenze normative, culturali, sociali e politiche (ed anche religiose) che si sono intrecciate nel corso degli ultimi secoli.
Dotato di una particolare autonomia istituzionale e normativa, il Vietnam nel corso del tempo si è sempre differenziato (pur nell’ambito delle comuni caratteristiche dei sistemi giuridici dell’Asia Orientale) dai Paesi limitrofi, in particolar modo dalla Cina.

Già nei codici imperiali promulgati nei secoli antecedenti l’avvento della colonizzazione francese intervenuta nella seconda metà del XIX secolo, il Vietnam introdusse regole di natura civilistica che si distinguevano dall’impostazione cinese e giapponese che non prevedeva al tempo una netta distinzione tra il diritto privato ed il diritto pubblico.
A conferma di quanto sovra, il Codice Gia Long promulgato in Vietnam all’inizio del XIX secolo, teso a richiamare i principi del confucianesimo e a riprodurre lo schema dei testi codicistici imperiali cinesi, non può infatti essere assunto ad elemento caratteristico della storia del diritto vietnamita.
Il sistema giuridico vietnamita mutò sensibilmente con l’arrivo dei francesi. Da questi il Vietnam ereditò un sistema di civil law che andò a collocarsi negli schemi di un diritto imperiale tradizionale e di un diritto consuetudinario consolidato. La comprensione del diritto attuale vietnamita deve, pertanto, tener conto della circolazione del modello cultural-giuridico francese durata per quasi un secolo, sino alla proclamazione della Repubblica Democratica del Vietnam del Nord (2 settembre 1945) ed alla definitiva sconfitta dei francesi a Dien Bien Phu nel 1954.
La nota storia successiva, vede lo sviluppo di un diritto impostato secondo i criteri legalisti della dottrina marxista – leninista, pur anche in questo caso con una marcata differenziazione dal modello cinese. Dal 1986, anno del Doi Moi (Rinnovamento Nazionale) il Vietnam decise di promuovere una fase di sviluppo economico teso al miglioramento delle condizioni di vita di tutti i cittadini, con una progressiva apertura anche ai modelli occidentali.

E’ curioso notare come, in questo momento di significativo rinnovamento politico la prima legge importante emanata dopo il Congresso del Partito che inaugurò la fase del Doi Moi fu quella relativa agli investimenti diretti stranieri, e ciò prima della promulgazione della nuova Costituzione (avvenuta nel 1992) e del primo codice civile vietnamita unitario del 1995 (nel periodo coloniale francese v’erano diversi codici civili a seconda della divisione amministrativa del Vietnam: Tonchino, Annam e Cocincina, oltre che ai codici civili della Cambogia e del Laos e successivamente, sino al 1975, vi è stata la divisione del Vietnam in due Stati derivanti dagli accordi di Ginevra del 1954).
Quale, quindi, il sistema giuridico vietnamita derivante dall’apertura del Doi Moi sino al presente? Sicuramente un sistema in cui la persistenza di alcuni elementi del diritto socialista caratterizzano ancora, non solo a titolo declamatorio, l’applicazione delle leggi. Occorre, infatti, sempre tener conto che il diritto vietnamita, ancor oggi, si esprime nella sua effettività prevalentemente per il tramite di fonti sub-legali (regolamenti, circolari ed altri atti ministeriali) piuttosto che per il tramite del diritto ufficiale emanato in sede di approvazione di leggi da parte dell’ Assemblea Nazionale. Ciò appare conforme ad una comune forma di espressione del diritto in diversi Paesi dell’Asia Orientale (tra cui anche la Cina), nei quali persiste una continuità nell’utilizzo strumentale del diritto di matrice socialista Le diverse leggi sui contratti commerciali, i diversi episodi di codificazione, non possono essere considerati di per sé esaustivi di un settore del sistema giuridico vietnamita. Infatti, nessuna legge (magari pubblicata in traduzione ufficiale inglese sulla gazzetta ufficiale vietnamita Cong Bao) potrà essere compresa nei suoi concreti effetti se non tenendo conto anche dell’analisi dei documenti attuativi della medesima, spesso includenti anche un preventivo indirizzo interpretativo delle norme di diritto positivo.

La Costituzione del 1992 ci rende, in qualche modo, edotti di queste problematiche. Laddove, ad esempio, intende riconoscere lo sviluppo di un’economia di matrice capitalista, ma al contempo connotata da un orientamento socialista, rivela la difficoltà di abbandonare il controllo centralizzato dell’economia, che non è solo frutto (nei Pesi dell’Asia Orientale) di una pregressa esperienza socialista (o di una perdurante esperienza post-socialista), ma che è una caratteristica riscontrabile in pressoché tutte le nazioni dell’area. Tanto che tali Paesi, in blocco, sono stati da tempo definiti quali “Stati capitalisti”, nel senso che capitalista non è il sistema economico (di libero mercato o misto pubblico – privato),
ma lo Stato stesso, il quale controlla le dinamiche dello sviluppo economico, cercando per lo più di attuare una transizione economica sostenibile non solo dal punto di vista sociale, ma anche politico (la cosiddetta slow therapy, che si è contrapposta alla shock therapy attuata dai Paesi un tempo appartenenti al blocco sovietico dopo il 1989, che hanno optato per una repentina transizione istituzionale ed economica).

Quale prospettiva, pertanto, può offrire il Vietnam all’operatore commerciali straniero, una volta espresse tutte le difficoltà interpretative del caso? In verità una grande prospettiva, e ciò per un’ampia serie di motivi inerenti la sua peculiare struttura giuridica, sociale ed economica. Il diritto vietnamita dal 1986 in avanti si è sempre dimostrato duttile alle proposte di investimenti da parte degli operatori esterni nel proprio territorio. L’opportunità è inoltre amplificata dalla prospettiva che nel corso dell’anno 2015, probabilmente, le nazioni appartenenti all’ASEAN (10 nazioni del Sud-est asiatico – tra cui il Vietnam – per un totale complessivo di circa 700 milioni di abitanti) costituiranno la c.d. ECA (Comunità Economica dell’Asean), con la possibilità di attuare la libera circolazione delle merci in tutti i Paesi aderenti.
Il sistema giuridico vietnamita è, pertanto, da leggersi nell’ottica di questa nuova contestualizzazione internazionale (o sovranazionale) che tenderà ad ulteriormente modificare le regole applicative inerenti le operazione di investimento in Vietnam da parte di operatori commerciali esteri.
La più recente disciplina dei contratti consente agli operatori commerciali, sia vietnamiti che stranieri operanti in Vietnam, di intraprendere delle attività senza troppi vincoli e limiti. L’adesione del Paese all’Organizzazione Mondiale del Commercio (2007) ha contribuito all’armonizzazione della legislazione inerente il commercio con alcuni principi internazionalmente riconosciuti, anche se alcune limitazioni operative sussistono ancora. Ad esempio, quale retaggio del diritto socialista, non è consentita la proprietà privata del suolo. Il sistema prevede, infatti, l’istituto del diritto d’uso sul suolo in favore dei cittadini vietnamiti (per periodi temporalmente definiti, ma usualmente lunghi), con diritto per questi
ultimi di poter cedere, locare ed iscrivere ipoteca sul suolo medesimo. Alcune prerogative del proprietario vengono, in questo sistema, trasferite nell’ambito di tale istituto, che  conserva una natura meramente contrattuale e che può essere sottoposto a revoca da parte delle autorità vietnamite in una serie di ipotesi tendenzialmente predeterminate, ma comunque soggette alla volontà politica dell’autorità competente.
Un altro limite è costituito dall’impossibilità per i soggetti stranieri di acquisire la proprietà di beni immobili in territorio vietnamita. A tal fine, essi devono infatti ricorrere ad accordi con società o persone fisiche vietnamite, le quali risulteranno i titolari formali del diritto di proprietà. Un nuovo Codice dell’Ambiente ha tra l’altro posto le basi di uno sviluppo sostenibile con le tematiche ambientali, molto sentite in Vietnam.
In questi ultimi anni è stata infatti predisposta una complessa normativa di dettaglio riguardante lo sviluppo urbanistico, che in parte incide sulle modalità di attuazione degli investimenti in loco. La scelta vietnamita pare esser stata quella della creazione di un grande polo industriale situato nella Provincia di Bing Duong a nord di Ho Chi Minh City, con contestuale creazione di una città metropolitana che nel 2020 dovrebbe risultare la terza città del Vietnam e divenire il centro della ricezione delle merci provenienti dall’estero nell’ambito della prossima comunità economica dell’Asean. Al di là di questa esperienza particolare di urbanizzazione, nelle altre aree del Paese sembra prevalere l’idea di uno sviluppo ecosostenibile, con la previsione di una sviluppo urbano incentrato sulle piccole o, al massimo, medie città, in armonia col territorio circostante.
Per quanto riguarda la concreta applicazione del diritto, non sempre è facile l’accesso alle decisioni giurisprudenziali, che di rado vengono pubblicate e rese pubbliche. Questo limite, però, non impatta in modo eccessivamente negativo sugli operatori commerciali stranieri in loco, in quanto la stragrande maggioranza delle liti tra stranieri e vietnamiti vengono risolte in via stragiudiziale, tramite gli strumenti della mediazione o della conciliazione e, per quanto riguarda i contratti internazionali di rilievo, tramite l’arbitrato internazionale.
Per quanto riguarda le potenzialità di investimento da parte di operatori commerciali italiani, si segnala che nel corso di questi due ultimi anni sono state create delle piattaforme congiunte italo-vietnamite (tra le quali quella della Camera di Commercio Italia – Vietnam con sede a Torino, Unioncamere dell’Emilia Romagna o l’AIVI - Alleanza Italia Vietnam per l’Innovazione - che lega l’Università del Piemonte Orientale con l’Assoevi, l’Associazione degli imprenditori vietnamiti in Italia) per offrire il necessario sostegno legale, ciò in vista di una sempre più progressiva comprensione tra due sistemi giuridici ed economici che presentano ancora delle significative specificità in tema di diritto dei contratti, proprietà, diritto societario e tutela dei diritti.

Viene di seguito presentato un riassunto delle principali conclusioni a cui sono giunte le ricerche esposte durante il primo Workshop organizzato dall’OEET su “Economie emergenti asiatiche nell’era post-crisi: traiettorie di crescita, sfide e prospettive”, tenuto a Torino il 12 e 13 marzo 2015. Per maggiori informazioni e approfondimenti consultare il sito www.osservatorio-economie-emergenti-torino.it dove vengono riportate diverse slides e alcuni paper presentati nel corso del Workshop.

Newsletter N. 01 | GIUGNO 2015 - Scarica il pdf

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Ordinary members

  • Associate Professor of Comparative Law, Turin University.

  • Associate Professor of Economics at Eastern Piedmont University. Adjoint Professor of International Economics, Università Cattolica del Sacro Cuore (Milan, Italy). Associate Senior Research Fellow at ISPI.

  • Assistant Professor, Turin University. Co-founder and Head of Research of T.wai (Torino World Affairs Institute).

  • Managing Director, NOMISMA, Bologna

  • Professor of Economics of European Integration at the University of Parma and at LIUC-Università Cattaneo

  • Assistant Professor, University of Ferrara and Lecturer of Advanced Applied Economics.

  • Full Professor of Industrial Economics at the University of Eastern Piedmont

  • Associate Professor, Turin University

  • Associate Professor, Turin University

  • Research Fellow, University of Turin, Bocconi University, Imperial College London

  • Former Professor of Industrial Economics, Turin University

  • Research Fellow

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